lunedì 10 dicembre 2012

Perché il Morsanometro funziona: "Bella Ciao" polemica di paese e del Paese


Due giorni fa, all'Ambrogino d'Oro una banda ha intonato le note di "Bella Ciao" (vedi Repubblica: "Milano, polemica per ''Bella ciao'' agli Ambrogini") ed é subito scattata la polemica con PdL e Lega che gridano "vergogna" (anche se non si riferiscono alla canzone in se, ma il titolo e' volutamente ambiguo).

Se ricordate, il 25 aprile 2010 nel nostro paese ci fu una polemica simile che ruotó proprio attorno al "Bella Ciao", quella volta NON suonato dlla banda comunale (vedi il nostrpo post "Il 25 aprile è la Festa della Liberazione")

Le reazioni sono sempre quelle giá scritte e riscritte e alla fine nessuno cambia idea in merito. Tanto pour parler, a sinistra si dice che anche la cittá XYZ ha la medaglia d'oro alla Resistenza e quindi non c'e' niente  di male a suonare una canzone popolare che inneggia ai partigiani, a centro si ha il mal di pancia perché si dice che é un inno fatto proprio dai partigiani di sinistra che guardavano all'URSS come riferimento, quindi é un inno di cui la sinistra si é appropriata e suonarlo equivale a festaggiare una parte ben localizzata della politica. Dalle nostre parti dicono che fosse stato per quella parte che celebra con il "Bella Ciao" saremmo stati annessi alla Jugoslavia, per cui suonare l'inno diventa un riferimento alla lotta di Liberazione ma anche  all'annessione a un paese straniero. A destra inneggiare a "Bella Ciao" é il male assoluto e basta.

Le dinamiche sono meglio descritte dagli osservatori stranieri tra cui John Foot che ha scritto "Fratture d'Italia" ("Italy’s Divided Memory. World War Two, 1940-1945’") dove spiega come ancora oggi, a oltre 60 anni dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, gli italiani non abbiamo ancora risolto alcuni crucci storici esacerbati proprio dalla guerra.

Comunque la si pensi, la societá locale riflette le stesse fratture della Societá nazionale e per quanto ci riguarda, conferma la validitá scientifica del prestigioso "morsanomentro" nel campo delle analisi sociali.

Morsan... sempre un passo avanti!

Ciao belli! 

7 commenti:

PaoloVE ha detto...

"Dalle nostre parti dicono che fosse stato per quella parte che celebra con il "Bella Ciao" saremmo stati annessi alla Jugoslavia, per cui suonare l'inno diventa un riferimento alla lotta di Liberazione ma anche all'annessione a un paese straniero."

Questa cosa mi ha sempre fatto imbufalire. La parte che celebra "Bella Ciao" ha contribuito a far sì che l'Italia sia quella che è, nel bene e nel male, confini compresi, e comprendeva anche gli osoviani.

L'altra parte invece aveva già concesso quelle terre alla Germania ed ai suoi alleati(gli amanti della storia si leggano qualcosa sul significato dei termini Kosakenland, Adriatisches Küstenland, Alpenvorland...)

Viene il sospetto che a molti sarebbe piaciuto far parte del Reich millenario, anche in posizione ancillare: i processi alle intenzioni fatti da costoro sono francamente grotteschi.

Ciao

Paolo

Anonimo ha detto...

Osovani...

PaoloVE ha detto...

Osovani, hai ragione, grazie.

Ciao

Paolo

L' armata dei fiumi perduti ha detto...

L’armata dei cosacchi, capitanata dal generale Krassnov, approdò in Friuli nell’estate del 1944. Orgogliosi nemici del regime sovietico, si trovarono schierati dalla parte delle truppe nazifasciste: la promessa era una terra dove poter vivere, nell’attesa di tornare in patria per combattere i rivali di sempre.
Il Friuli, nelle idee dei nazisti, doveva diventare l’attesa “Kosakenland”.
E così, questo popolo sventurato e contrastato da tutti gli eserciti si ritrovò in una nuova patria che non gli apparteneva e che spontaneamente l’avrebbe rifiutato, pur compatendo le sue sorti.

"L'armata dei fiumi perduti" è nell'insieme un ottimo libro, che va ben al di là della storia che racconta: vengono narrate le sofferenze fisiche e soprattutto psicologiche di uomini in guerra. Di tutti gli uomini, che siano friulani o cosacchi.

Vitellozzo Silverdeschi Vantelli della Calastorta ha detto...

L’Armata dei Fiumi perduti è davvero un bel libro del compianto Carlo Sgorlon e narra proprio una storia attorno alla promessa di una terra, il Friuli, ai Cosacchi da parte dei Nazisti in cambio della loro collaborazione. Cosacchi che poi, una volta rimpatriati verso l’URSS subirono le “purghe” di Stalin.
Ad ogni modo, il post vuole solo rappresentare le mai sanate fratture che esistono in Italia anche dopo 60 anni dalla fine della Guerra e che regolarmente saltano fuori al minimo pretesto (es. l’esecuzione – o meno - di “Bella Ciao”). Fratture che continueranno ad esistere per i tempi a venire e che si riprongono sia a livello nazionale che a livello locale. Non era intenzione sollevare polemiche, si e’ solo rappresentato quello che la gente “sente” a seconda delle proprie sensibilitá. Nel giusto e nello sbagliato.
PS Il commento sull’inno partigiano è stato raccolto dalla bocca di un anziano che ha militato nella DC e che durante la guerra rimase in prigionia nei campi tedeschi per quasi due anni subendo di tutto pur di non aderire alla Repubblica Sociale.

PaoloVE ha detto...

...Mi scuso per essermi lasciato trascinare, ma , come dicevo, è una cosa che mi fa montare in bestia e, di conseguenza, mi fa perdere il self control.

La frattura credo permanga tuttora per più motivi:

1) l'approccio "politico" (e non storico) al problema, cui ascrivo il commento "incriminato" che stigmatizza in buona fede una intenzione omettendo di considerare un fatto

2) il fatto che molti del vecchio regime furono riciclati anche in virtù della cosiddetta "amnistia Togliatti" (giusto per chiaririe nei fatti gli intendimenti di quella parte) e non furono così chiamati a chiarire e rispondere delle loro responsabilità

3) il fatto che, più passa il tempo più è difficile capire il contesto. Con gli occhi di oggi episodi come la strage di Malga Bala, una volta astratti dal contesto, appaiono pura bestialità. Chi invece aveva visto sfilare i cadaveri di parenti e amici esibiti su un dorso d'asino o aveva avuto parenti e amici arsi vivi nel rogo del proprio villaggio la considerava allora probabilmente giustizia più che vendetta.

Per fortuna nostra oggi può essere difficile capirlo, ma è sbagliato strumentalizzare questo fatto.

Ciao

Paolo

Vitellozzo Silverdeschi Vantelli della Calastorta ha detto...

a ben vedere l'aministia Togliatti e' l'elemento chiave della frattura. Nel contesto storico aveva senso (come disse Montanelli nel dopoguerra c'erano 80 milioni di italiani, 40 milioni di fascisti e 40 milioni di antifascisti...) un po' come nell'Iraq moderno difficile stabilirte chi fosse stato per Saddam e chi no e chi abbia compiuto crimini per difendere fino all'ultimo Saddam e chi ha compiuto crimini contro i sostenitori di Saddam. Si tira un colpo di spugna e chi ha avuto ha avuto e chi ha dato ha dato, per amor di ragion di Stato.

Il problema resta che senza i processi, quindi con un'istruttoria, un dibattimento, testimoni, prove e una sentenza ragionata e giustificata, tutto resta sospetto e le colpe continuano ad essere scambiate a vicenda.

Lo schema e' semplice: se hai una sensibilita' orientata da una parte dirai che Togliatti ha graziato i fasciti criminali di guerra, se hai un'altra sensibilita' dirai che Togliatti ha graziato tutti per non essere accusato di graziare chi ha compiuto rappresaglie nel triangolo rosso, e via dicendo.

Poi si passera' alle Foibe, fino a poco tempo fa sconosciute a gran parte degli italiani (ma non ai friulani e giuliani) che per taluni rappresentano il "genocidio" di 20.000 italiani inclusi donne e bambini e per talaltri sono la fossa di una decina di fascisti per di piu' scivolati nelle buche durante un pic-nic sul Carso.

Sempre le stesse discussioni, trite e ritrite, che finiscono per offuscare ogni ragionamento obiettivo.

Si fossero celebrati i processi con condanne motivate dei responsabili dei crimini di guerra, non avremmo le fratture. O ne avremmo molte meno.

Invece le abbiamo e ce le teniamo (rimettendoci il fegato) :-)

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